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Per
tutto il 2011, 150° della proclamazione del Regno d'Italia, Boschiero
tenne appuntata al bavero della giacca una coccarda tricolore. |
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Nel corso del 150° della
proclamazione dei Regno d'Italia, spacciato dai media come 150°
dell'Unità d'Italia, Boschierò fu molto richiesto da radio, televisioni
e stampa per rilasciare dichiarazioni su questa importante ricorrenda.
Non indietreggò mai di fronte alle provocazioni dei revisionisti anti
unitari e tenne sempre alto il vessillo tricolore. In questo testo
Boschiero descrive come il paese reale abbia vissuto la ricorrenza.
17
Marzo 2011, Sergio Boschiero e Antonio Parisi nel Pantheon con le
LL.AA.RR. i Principi Amedeo e Aimone di Savoia, in occasione dell'unico
omaggio fatto da un Capo dello Stato al sepolcro del Padre della Patria.
IL 150° DELLA PROCLAMAZIONE DEL
REGNO D'ITALIA (2011)
Lo scorso 17 Marzo ho avuto l'onore di assistere nel Pantheon allo
storico omaggio che Giorgio Napolitano ha voluto rendere al suo primo
predecessore come Capo dello Stato: Vittorio Emanuele II, Re d'Italia
per grazia di Dio e volontà della Nazione. E' stata la prima volta in
65 anni che un presidente della repubblica abbia reso omaggio al Padre
della Patria.
Con questo gesto il Principio della continuità della storia è stato
riproposto in una cerimonia militare, solenne ed austera nello stesso
tempo, quale non si ricordava dai tempi della Monarchia regnante.
Ho provato una grande emozione e, per qualche istante, sono stato
colpito da un improvviso nodo alla gola.
Ho pensato alla fine di ogni interdizione storica, di ogni
demonizzazione del nostro passato, nonché all'ostracismo delle salme
dei nostri Re e delle nostre Regine che, trovando la giusta
collocazione del Pantheon, sancirebbero l'attesa pacificazione
nazionale nel segno di una nuova e imperitura fratellanza fra gli
italiani di ogni tendenza politica.Ho letto sui giornali di oggi della
calda accoglienza tributata dai tremila deputati della Confindustria a
Napolitano. Nel ricordo della contrarietà espressa della signora Emma
Marcegaglia alla festa nazionale del 17 marzo, ho a mia volta
idealmente rivolto un applauso all'assemblea riparatrice della
Confindustria della quale la Marcegaglia è presidente.
La Monarchia sabauda ha regnato in Italia per 85 anni, ha creato una
Nazione unita, libera e indipendente, ha guidato il nostro popolo nella
modernità, ha vinto la battaglia contro l'analfabetismo, ha collocato
l'Italia fra le prime dieci potenze industriali del mondo, ha
contribuito alla pacificazione nazionale quando il Re Umberto II, pur
contestando i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946,
sciolse i militari dal giuramento di fedeltà alla Sua persona, evitando
così una nuova guerra civile.
La Monarchia consegnò all'Italia divenuta repubblica il codice civile e
penale del Regno, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti,
l'ordinamento giudiziario, il sistema bicamerale, lo Statuto Albertino,
il Corpo diplomatico, l'Arma dei Carabinieri (Corazzieri inclusi), la
Bandiera Tricolore seppur depurata dello Stemma Sabaudo, l'Inno di
Mameli (il più diffuso e popolare fra gli inni risorgimentali), la
fascia azzurro-Savoia degli Ufficiali, la maglia dello stesso colore
dei giocatori della nazionale, il nastro azzurro delle Bandiere dei
Reggimenti che, prima ancora dell'Italia unita, si erano battuti con
onore per difendere i confini degli Stati sabaudi: da Nizza alla
Savoia, dalle cime dell'Assietta al lago di Bourget.
Casa Savoia dette all'Europa cristiana un condottiero di fama mondiale:
il Principe Eugenio di Savoia- Soisson, che sconfisse i turchi a Zenda
e Balgrado. La dinastia sabauda partecipò alle Crociate, alla battaglia
di Lepanto, alla spedizione in Crimea che consentì al Piemonte di
Cavour e di Vittorio Emanuele II di porre all'ordine del giorno
dell'Europa il problema dell'unità d'Italia.
Casa Savoia, anche nei secoli precedenti, vantava un corpo diplomatico
fra i più efficienti e prestigiosi, un esercito motivato e fedele nel
quale il tradimento era pressoché sconosciuto.
La lingua italiana divenne lingua ufficiale dello Stato regnando il
Duca Emanuele Filiberto che portò a Torino la capitale e la Sacra
Sindone.
Il Re Carlo Alberto adottò il tricolore come bandiera nazionale,
concesse lo Statuto, riconobbe i diritti civili e religiosi agli ebrei
e ai valdesi e sfidò l'Impero austro ungarico arrivando a coronare
l'obiettivo unitario vaticinato dai patrioti e dai martiri dal
Risorgimento.
Il Risorgimento è stata l'impresa più grande vinta dal popolo italiano
dalla caduta dell'Impero romano.
In soli 22 anni, dal 1848 (prima guerra d'indipendenza) al 1870 (Roma
Capitale) l'Italia raggiunse il 90% dell'unità territoriale, unità che
fu completata il 4 novembre 1918 con la liberazione di Trento, di
Trieste, dell'Istria e della Dalmazia.
Una parte del mondo politico ha avuto a che dire sulla festa del 17
marzo; sono apparsi nelle librerie e nelle edicole giornali e
pubblicazioni antirisorgimentali ed ha fatto sentire la sua presenza un
revisionismo apologetico del brigantaggio.
A Catania sono stati intitolati due vagoni della ferrovia etnea ai
briganti, e il brigantaggio, questa volta da destra, viene
generosamente ridefinito “brigantaggio sociale”.
Nel beneventano, un paese allora terra di briganti, ha
chiesto al Quirinale e al governo la qualifica di “Città martire”,
mentre nel Vulture si esalta sistematicamente il Capo dei briganti
Carmine Crocco (62 omicidi più 13 tentati omicidi).
Ma il popolo italiano ha risposto il 17 marzo schierandosi con il
tricolore della nazione italiana.
Centinaia di migliaia di persone per le strade, un vero e proprio
pellegrinaggio all'Altare della Patria, illuminato con luci verdi,
bianche e rosse.
Anche il primo maggio la folla dei giovani in piazza San Giovanni a
Roma ha intonato ripetutamente l'Inno di Mameli ed il “Va pensiero”. La
congiura separatista è stata stoppata e il popolo ha scelto l'Italia.
Onore e gloria al Tricolore d'Italia.
Viva l'Italia Unita!
Sergio Boschiero
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